Il legame tra società e arte

6. L’Espressionismo astratto e la Pop Art

Jasper Johns e Robert Rauschenberg sono i precursori della Pop Art. Il primo elemento evidente è il distacco dall’Espressionismo astratto. Al contrario dell’impeto creativo sintetizzato nell’arte di Pollock, come evidenzia la tecnica pittorica del dripping e la grande quantità di spazio e di tela utilizzati, la Pop Art ricuce le cicatrici del mondo seriale della produzione, utilizzandone i mezzi. La ripetizione, considerata come tema, è catturata nelle serigrafie, diventando la modalità stessa di espressione. Utilizzando lo spazio comune, come la città stessa, Warhol fa vera satira sociale, come nel caso di I tredici uomini più ricercati. I venticinque pannelli riposti sulla facciata dello State Pavilion per la World’s Fair di New York del 1964, furono considerati inaccettabili dai governanti del periodo. L’artista diventa la forza del popolo stesso, azzerando l’idea che sia al servizio del potere economico. I rappresentanti principali della Pop Art, tra i quali si distinguono Rosenquist, Hamilton, Ruscha, Richter e Polke, insieme a Warhol, perdono completamente il legame con l’idea di riproduzione e legano la propria arte all’idea di ricomposizione. In tal senso gli Espressionisti astratti come Morris precorrono il proponimento della Pop Art, attraverso la cosiddetta Anti form. Tale teoria permette di contrastare la Gestalt e la figura come risultato assoluto dell’azione artistica. Il peso del corpo di Pollock, spesso imbragato al soffitto per gestire il colore, incide sulla stesura del disegno sulla superficie, mentre le forme sono tracce del suo stesso movimento. L’uomo che compie il gesto è il vero protagonista del quadro, le sue tracce sono l’opera.

Roy Lichtenstein, accusato spesso di non essere all’altezza dell’arte, si pone, al pari di Wharol, anche se in maniera indipendente, il fine di fare dei fumetti e della pubblicità riflessioni atte a rendere l’arte utile al popolo. La funzione primaria non è quella di differenziare l’azione dell’artista da quella del cittadino ma di avvicinare attraverso la riproduzione originale di disegni diffusi alla metaforicità che è propria di ogni opera d’arte. La cultura dei mass media non collide ma diventa omogenea o almeno mira a avvicinare lo spettatore, proponendo un terreno che non intimorisca né spaventi per la diversità.

Un esempio è il Braccio di Ferro reso con le tecniche classiche di olio su tela su una superficie estesa, oltre un metro in larghezza e altezza, da un lato personalizzando le immagini in commercio nel fumetto, dall’altro raccontando un messaggio in un’unica azione.

La mediazione artistica avviene attraverso gli strumenti mediatici presenti e quotidiani, senza oltrepassare l’immaginario collettivo ma trasmettendo segnali sfumati. La variazione rispetto all’immagine comune è sempre lieve e non rinnega le operazioni di marketing sociale ma ne analizza la direzione del significato. L’operazione di ricomposizione e di adattabilità al piano classico di lavoro, come la tela, riconduce al moderno senza riproporne la fruibilità. L’idea, a prima vista poco sensibile all’autoaffermazione dell’artista, nel tempo diventa specchio del quotidiano, come se il contesto umano deformato dai media fosse accettato dell’arte in toto. Un disegno che riproduce un cartone animato in alcuni aspetti diventa coerente al mondo ipotizzato dal produttore senza confermarne completamente la necessità.