L’ Entanglement Quantistico e il teorema di Bell

Erwin Schroedinger propose nel 1926 un’ equazione differenziale (che oggi prende il suo nome) che rappresenta il nucleo fondamentale della fisica quantistica nel limite non relativistico. Essa è matematicamente un’equazione delle onde e le particelle vengono descritte da una funzione (soluzione di tale equazione differenziale), chiamata appunto funzione d’onda, che ci consente di calcolare la probabilita’ di trovare le nostre particelle in un dato posto ad un dato tempo. In Meccanica Quantistica possiamo fare solo questo, calcolare probabilità.

Consideriamo ora un sistema composto da due particelle, due elettroni ad esempio. Ognuno di loro ha la sua funzione d’onda quando è considerato singolarmente. Ma qui stiamo considerarando un sistema a due “corpi”, quindi avremo solo una funzione d’onda che descrive tutto il sistema. La funzione totale è l’intreccio (l’ entanglement) tra le due singole funzioni d’onda. Il sistema quantistico è dato da un unica “entità” che ha proprietà delocalizzate. Cio’ vuol dire che se per esempio le due particelle possiedono i rispettivi spin intrecciati, la misura che faccio dello spin sulla prima particella mi dirà esattamente che valore dello spin trovero’ sulla seconda particella, in maniera istantanea.
Il problema sull’entanglement sta in questa domanda: da che distanza in poi tra le due particelle, possiamo considerare slacciata la funzione d’onda totale, in modo da poter vedere i due corpi come oggetti indipendenti?
Non possiamo pensare che le due particelle siano indipendenti e non interagenti, alla distanza per la quale la forza elettromagnetica tra le due particelle è veramente trascurabile. L’entanglement non ha nulla a che vedere con le forze fondamentali, esso ha una portata ben piu’ vasta concettualmente parlando.

Lo stesso Einstein che aveva contribuito in maniera determinante alla nascita della Meccanica dei Quanti, respinse sempre con forza l’idea della non-località e propose un esperimento mentale (paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen) che tentava di confutare le conclusioni cosi’ apparentemente assurde della fisica quantistica. Ma per quanto ne sappiamo l’interpretazione che più è in accordo con i dati sperimentali è proprio l’approccio standard di Bohr (l’interpretazione di Copenhagen). A supportare tutto ciò vi è un fondamentale teorema che è un capolavoro in termini di semplicità matematica: il teorema di Bell.

Esso afferma in poche  parole che i risultati della Meccanica Quantistica non possono essere riprodotti da una teoria più fondamentale che sia locale e deterministica (come voleva e credeva Einstein). I modelli a variabili nascoste invece cercano di fare proprio questo. Ridurre tutti i problemi probabilistici e di entanglement ad una teoria piu’ fondamentale con variabili deterministiche (quindi simil-classiche) che spieghi i risultati quantistici.
Il teorema si basa su questi assiomi:

1) Realismo: gli oggetti posseggono definite proprietà prima che vengano effetivamente fatte le misure
2) Località: eventi causalmente indipendenti non si possono influenzare a vicenda
3) libertà di scelta: la libertà di scegliere come impostare un esperimento e cosa misurare prima o dopo

Se accettiamo queste assunzioni sulla natura, allora, la Meccanica Quantistica è l’unica teoria in accordo con i dati sperimentali. Per aggirare il teorema di Bell bisognerebbe rinunciare ad uno dei tre assiomi.

Dobbiamo però renderci conto che a livello sperimentale il fenomeno dell’entanglement sta avendo in questi ultimi anni delle ricadute applicative enormi.
Ci sono esperimenti che hanno mostrato che due fotoni possono essere intrecciati anche a chilomentri di distanza l’uno dall’altro. Inoltre tutta la computazione quantistica (la base per la futura costruzione del computer quantistico) si basa sulle proprietà di questo fenomeno. E’ grazie ad esso che si possono “costruire” i famosi qubit (ovvero la versione quantistica dei bit classici). L’entanglement infine è anche alla base del teletrasporto quantistico. Ovviamente teletrasportare istantaneamente significa teletrasportare le proprieta’ di una particella in un’ altra e non la particella stessa. Il teletrasporto è stato verificato sperimentalmente da un famoso gruppo austriaco qualche anno fa, anche se uno sviluppo su larga scala è ancora lontano.

A mio avviso non abbiamo ancora capito che cos’è una particella e che significato fisico ha veramente la funzione d’onda. La “particella” come concetto è definibile tramite le proprietà che essa possiede. Forse dobbiamo capire veramente quali sono tutte le proprieta’ in gioco (nascoste o meno, oltre a quelle gia’ note) e forse abbandonare la nostra visione ancora classica che abbiamo sul significato di separabilità di oggetto singolo ed indipendente da tutto cio’ che gli sta intorno.
Forse non esistono fisicamente oggetti fondamentali slacciati dal tutto il resto. Forse l’olismo ha battuto veramente il riduzionismo.