Discorso sul metodo scientifico

 

L’Epistemologia è quella branca della Filosofia che si occupa di studiare i presupposti filosofici che consentano di costruire un metodo scientifico atto a descrivere la realtà fenomenica. Il mio intento in questo articolo è quello di formalizzare una mia personale visione del metodo scientifico e di descriverne gli elementi cruciali che lo caratterizzano. Gli osservatori sono gli “elementi” di partenza che ci permettono di acquisire informazione sulla natura delle cose.
Tali osservatori interagiscono con gli eventi circostanti, con altri esseri umani, con oggetti, più in generale con un mondo esterno e hanno in comune con esso la medesima essenza e consistenza materiale. La fondamentale proprieta’ del mondo esterno è che esso è quantificabile e classificabile, ovvero esistono delle proprieta’ del mondo esterno che possiamo associare a numeri, a forme geometriche, a distribuzioni di probabilita’, ecc.
Non ultimo la conoscenza scientifica una volta appresa dai singoli osservatori deve essere divulgata e trasmessa e per farlo la Scienza ha bisogno di un linguaggio il più rigoroso possibile che sia il meno fumoso e il meno ridondante di informazioni.
In questa ottica tutta la conoscenza scientifica potrebbe essere tradotta tramite la Teoria dell’ Informazione, tramite la quale possiamo accumulare ed elaborare dati, ma è una questione che vorrei approfondire in un prossimo articolo. La matematica è il linguaggio rigoroso (il meno imperfetto) tramite il quale possiamo etichettare cio’ che osserviamo. Il punto fondamentale e veramente nuovo della scienza è questo: esistono delle proprieta’ degli oggetti del mondo esterno che possiamo associare a grandezze del linguaggio matematico. Per esempio una pietra ai nostro occhi avra’ un certo volume, vedendo sempre la pietra nell’arco di alcune ore, osserviamo ancora che il suo volume non cambia quindi il passo successivo è quantificare tale volume cioe’ associarlo ad un numero e dire che esso vale tot. Ma ovvimente l’occhio non basta. Esso è uno strumento che ha i suoi problemi e difetti. Dobbiamo costruire altri oggetti, righelli, misuratori, laser, che interagendo con l’oggetto che vogliamo quantificare, ci possano permettere di ricavare piu’ precisamente quella quantita’. Costruiamo oggetti per misurare oggetti, questo è il problema fondamentale della misura (rimando il problema del concetto di misura in Meccanica Quantistica ad un prossimo articolo). E’ dopo questo processo che possiamo formulare modelli sulla realtà e formulare le leggi fisiche dell’Universo. Il senso stesso di legge fisica nasce da questo processo. Una legge è il collante tra i fenomeni, tra la causa e l’effetto. La pietra ha sempre lo stesso volume? Allora asserisco: le pietre preservano il volume nel corso del tempo. Logicamente non è vero, il vento gli altri fenomeni erosivi modificano la sua struttura, e così tenendo conto di sempre piu’ fattori e fenomeni, io raffino di piu’ le mie leggi, che all’inizio ho formulato tramite mero empirismo. Ma questo è il cosiddetto progresso scientifico, è semplicemente il metodo galileiano: osservazione, formulazione (modellizzazione), verifica o confutazione, raffinamente delle misure, raffinamento del modello ecc. La legge di gravitazione universale è un semplice assioma della fisica newtoniana. C’e’ questa formula, la prendiamo per buona (Newton la ricavò dai dati astronomici di Copernico, Brahe, Keplero) e tramite essa con un formalismo matematico cerchiamo di spiegare tutta una serie di fenomeni che osservo e che sono ancora inspiegabili. Fu cosi’ che Newton e Galileo fecero la prima grande sintesi scientifica, ovvero che le leggi che governano il cielo sono le stesse che governano la Terra, la Luna gira attorno alla Terra per lo stesso motivo per cui una mela cade da un albero. Ci vollero secoli perche’ arrivasse Einstein e asserisse che la formula di Newton non è il punto di partenza. Bisognava partire da idee molto piu’ fondamentali come l’idea di spazio e tempo relativi.

Per quanto la fisica classica sia una grande concezione della mente umana, non è suffciente per spiegare tutti i fenomeni fisici osservati. Essa è solo una teoria approssimativa. Anche se una teoria è molto bella dal punto di vista matematico e/o filosofico, se è in contraddizione con i dati oggettivi, essa deve essere modificata (o nel peggiore dei casi accantonata). La misura è la spada di Damocle per discernere cio’ che è plausibile da cio’ che non lo è. Ma non è poi cio’ che asseriva anche Karl Popper? Una teoria per definirsi scientifica deve essere sperimentalmente falsificabile.

 La realtà scientifica quindi si basa sul concetto della misura. Identifico una cosa, come pietra, tramite le sue proprieta’, cioe’ una pietra la chiamo pietra e a questo fonema associo univocamente certe proprietà. Identifichiamo “le cose” con le proprieta’ che esse possiedono. Fare della Scienza significa che queste etichette sono quantita’ e che  hanno delle proprieta’ ben distinte da altre proprieta’. In questo senso anche branche della Scienza come la Biologia e la Chimica, rientrano in questo contesto perche’ anche se non si prestano ad una vera modellizzazione matematica, esse tuttavia hanno a che fare con fenomeni sperimentalmente ripetibili, misurabili e che sono classificabili e differenzialibili tramite strutture geometriche (la forma delle molecole, la struttura cellulare, ecc).
Ad esempio la classificazione di Linneo delle specie animali è piu’ qualitativa che quantitativa, pero’ una volta definite delle proprieta’ ben distinte degli animali come pinne, piume, artigli, ecc, possiamo catalogare scientificamente le specie. Questa classificazione non a caso si basa sul fatto di associare ad ogni dato animale delle particolari forme geometriche frutto della nostra percezione visiva che il nostro occhio ha quando osserva gli altri organismi viventi macroscopici. Infine le quantità misurate devono essere oggettive e il metodo che ci assicura l’oggettività di una data grandezza, si basa su due punti fondamentali:

1) Indipendenza della misura

Devono esserci vari gruppi di ricerca che misurano (anche con strumenti diversi) una certa grandezza fisica e arrivano ad avere la stessa quantità (nei limiti dei rispettivi errori sperimentali).

2) Ripetibilità

Gli esperimenti di misura devono essere ripetibili.

L’insieme di tutte le leggi e proprieta’ misurabili dei fenomeni che esistono attorno a noi, definisce cio’ che per semplicita’ di linguaggio possiamo chiamare “realtà fenomenica”. Come si puo’ vedere questi sono i veri limiti del linguaggio umano, ovvero etichettare tramite dei semplici grafemi una ricchezza incommensurabile di “cose”.  A priori noi non possiamo dire nulla riguardo le leggi fisiche poichè la Scienza non cerca la Verita’. La Scienza tenta solo di descrivere e prevedere i fenomeni. “Verità” è una parola, un concetto metafisico che non ha nulla a che vedere con l’indagine scientifica.
Io credo che per fare Scienza si debba avere una visione relativistica delle cose. Una legge fisica è valida (e non ho detto vera) solo in un dato intervallo di tempo, di spazio e di energia. Per esempio la Meccanica Quantistica vale solo a scale microscopiche, la Relativita’ Generale funziona solo a grandi scale. Oggi non si conoscono leggi fisiche che valgano da sempre e dovunque.  Quindi potrebbe benissimo non esistere una teoria finale sulla natura. E’ poco saggio credere che esistano leggi universali. Certo posso allora pensare di inglobale queste nostre leggi parziali in future leggi piu’ complete e via via a continuare. Ma chi ci dice che questo processo avra’ mai fine? A mio avviso la cosa piu’ probabile è che questo processo non finisca mai. Man mano che svilupperanno nuove tecniche di ricerca, potremo trovare sempre nuove leggi che inglobino le precedenti senza tuttavia essere quelle “definitive”, in un processo che non avra’ mai fine. Anche nelle ipotesi migliori, poniamo che riesca a trovare qualche legge che valga sin dall’origine dell’Universo fino ai nostri giorni. Posso mai asserire veramente che questa legge valga in tutto l’Universo? Certo che no. Il fatto che le leggi fisiche siano le stesse in tutti i luoghi dell’Universo è solo un ipotesi ad hoc (formulata per la prima volta da Galileo), che semplifica enormemente le cose. Operativamente parlando, per testare sperimentalmente la nostra “legge finale” dovremmo andarla a verificare in ogni angolo del Cosmo, semplicemente impossibile come cosa.  

Facciamo qualche esempio. La costante di Newton G è considerata da molti una costante “universale”. Facciamo finta che sia veramente cosi. Ma segue subito la domanda: perche’ essa poi ha quel preciso valore numerico e non un altro? Magari non esiste un processo fisico che ce la possa far ricavare. Alcuni modelli sui primi istanti di vita dell’Universo, ritengono che le fluttuazioni casuali nell’universo abbiano dato origine ai valori delle costanti fondamentali. In poche parole il valore della costante di Newton che noi misuriamo è frutto ancora una volta della casualita’. 
Ancora un altro esempio. Come mai non riusciamo a descrivere i fenomeni biologici tramite quelli fisici? Non è solo un fatto di complessita’ matematica dovuta al fatto che i sistemi biologici sono composti da miliandi e miliardi di atomi. La questione è un’altra. Semplicemente non ci riusciamo perche’ certi fenomeni biologici emergono dalla loro collettivita’. Ci sono fenomeni non spiegabili partendo dalle fondamentali leggi fisiche, perche’ tali leggi fondamentali (per fondamentali si intende solitamente quelle valide nel microcosmo) valgono solo quando il numero di oggetti in interazione è un numero molto limitato. Se io usassi la legge “universale” del secondo principio della termodinamica in senso stretto, otterrei un Universo in cui non potrebbe mai nascere e svilupparsi la vita. In certe situazioni invece l’ordine aumenta invece che diminuire. La seconda legge vale quando sommiamo tutte le parti dell’universo e vediamo che il disordine aumenta (è una legge globale!), anche se in sotto-regioni il disordine diminuisce o comunque non aumenta al passare del tempo.

In sostanza, le leggi fisiche sono un semplice tentativo dell’uomo di mettere insieme cause ed effetti dei fenomeni e spiegare la loro dinamica in “poche righe”. Le leggi non esistono in quanto tali e al di fuori di noi. Noi esistiamo e formuliano certe leggi tutto qui. Non sono entita’ del mondo fenomenico. Non dico che ciascuno di noi trova leggi differenti da un altro osservatore, anzi dire se un assunto è una legge sta tutto qui: dato un modello noto a tutti i gruppi di ricerca, se loro misurano lo stesso fenomeno e dicono tutti indipendemente dagli altri che le misure sono in accordo con le ipotesi del modello in questioni, allora tali ipotesi modellistiche vengono battezzate leggi fisiche. Noi abbiamo dei modelli che tentano di spiegare la natura dei fenomeni. Un buon modello è quel modello che ha capacita’ descrittive e predittive. Noi non possiamo fare altro scientificamente parlando. La Scienza non produce descrizioni esatte dei fenomeni. La Scienza crea modelli per rappresentare i fenomeni, e non esistono modelli esatti di nessun fenomeno, anche di quello piu’ elementare. Un modello non produce certezza ergo non ricerca una “verità”. Se tutti gli scienziati tenessero sempre a mente i limiti della Scienza e il significato vero e proprio del metodo galileiano, allora forse oggi molti di essi non la scambierebbero per una dottrina (pseudo-)religiosa, poichè in tutta la cultura umana non c’e’ cosa più lontana dalla Metafisica che la Scienza medesima.